Manovra, tagli selettivi ai bonus fiscali. Stretta su ministeri e partecipate
- 1 Ottobre 2018
Non si vive di solo deficit. Il governo ha strappato e quel 2,4% fatto digerire a fatica dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria, che voleva mantenere il rapporto con il Pil all'1,6 o comunque sotto il 2 per non irritare l'Europa, vuol dire garantirsi risorse per 27 miliardi. Ma per arrivare ai 40 che occorrono per chiudere il cerchio della manovra, pesantemente lievitata dai 30 miliardi che erano stati ipotizzati nel corso dell'Estate, ne servono altri 13. Dove trovare i soldi? Ancora una, tanto per cambiare, la parola d'ordine del governo Conte, come di quasi tutti gli esecutivi che lo hanno preceduto, è lotta dura contro gli sprechi. E a finire sotto i riflettori, innanzitutto, ci sono i soliti ministeri.
LA STRADA
Palazzo Chigi intende seguire la rotta tracciata in una relazione dell'Ufficio Bilancio del Senato, che indica come obiettivo un taglio di un miliardo l'anno per il triennio 2018-2020. I tagli, per singoli capitoli di spesa, sono piuttosto pesanti e spaziano dai trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche (280 milioni), ai trasferimenti a favore di imprese e famiglie (300 milioni). A pagare il prezzo più alto sarà il ministero dell'Economia, sottoposto a una dieta da mezzo miliardo di euro, ma sacrifici significativi potrebbero essere chiesti, tra gli altri, anche al ministero della Salute che pure, con il ministro Giulia Grillo, reclama soldi per il rinnovo del contratto del personale e per l'edilizia ospedalieri, con ripercussioni inevitabili sui servizi.
L'obiettivo della task force che verrà istituita a Palazzo Chigi, e sottratta così al diretto controllo di Tria, andrà ad ispezionare i bilanci di tutti i ministeri e degli enti locali. E quando i tecnici si troveranno di fronte a strutture che hanno una gestione poco efficace della spesa, indicheranno le priorità da seguire. A cominciare dalle best practices che dovranno essere adottate per ridurre i costi. Non si tratterà solo di moral suasion, ma di buone pratiche che vanno messe in atto in maniera obbligatoria. Una ricetta già suggerita da Carlo Cottarelli ma mai divenuta realtà. Così come pare impossibile intervenire sulle società partecipate degli enti locali che, ancora una volta, sono entrate nel mirino dell'esecutivo. L'obiettivo anche qui è ridurre le spese, accorpando le aziende e riducendo i posti nei cda.
LA GRIGLIA
Altra voce sulla quale si dovrebbe intervenire e quella delle «tax expenditures», il paniere delle agevolazioni fiscali concesse a famiglie e imprese per ridurre il carico delle tasse da pagare. Fonti di maggioranza alle prese con il dossier spiegano che questo capitolo potrebbe fruttare risparmi da circa 2 miliardi, ma il lavoro da fare è piuttosto complesso.
La maggior parte delle detrazioni e delle deduzioni (legate a pensioni, lavoro e familiari a carico) sono infatti intoccabili a meno di non voler provocare diffusi mal di pancia sociali e allora le forbici sono pronte ad essere azionate verso una cerchia ristretta di bonus. Tra questi, quelli legati all'autotrasporto, alle spese funerarie e veterinarie e alle fonti energetiche fossili per gli agricoltori. Ma nei piani del governo ci sarebbe anche una profonda rivisitazione del pacchetto di agevolazioni delle quali godono le imprese che, occorre ricordarlo, con la legge di Bilancio incassano l'Ires ridotta al 15% in caso di assunzione di personale. Potrebbe così scomparire l'Ace, anche se una decisione in merito non è stata ancora presa. Nonostante diffuse smentite, resta in piedi anche l'ipotesi di impugnare l'arma più potente per realizzare risparmi: ridurre dal 19 al 17% l'aliquota che si può detrarre dall'Irpef per alcune voci come le spese mediche e gli interessi passivi sui mutui. Una leva da azionare con cautela e magari limitata ai redditi medio-alti. Il tutto si inquadra nella volontà, da parte del governo, di introdurre una clausola di salvaguardia sulla spesa che sostituisca le clausole sulle entrate fiscali utilizzate finora (come quella sull'Iva che la manovra dovrebbe disattivare) per indicare gli obiettivi di deficit. In pratica, spiegano fonti alle prese con il dossier, l'Italia si impegnerebbe con Bruxelles, in caso di crescita inferiore alle attese, a fare ulteriori tagli per garantire il rispetto del deficit indicato nel Def.
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